Alla fine di ogni anno nei giornali di tutto il mondo si pubblicano quelle che vengono considerate le foto più rappresentative dell’anno trascorso. Se dovessi individuare la foto dell’anno senza dubbio sceglierei la foto di un genitore afghano che consegna il suo bambino a dei soldati americani, perché lo portino in salvo, lontano da un paese precipitato nuovamente nell’inferno della violenza e del terrore.
Come possono un padre e una madre separarsi dal loro figlio, il bene più prezioso che hanno tra le braccia? Come può un genitore affidare ad altri il suo bambino, se non perché convinto che c’è di mezzo un bene ancora più grande? Una foto dunque struggente che ci fa riflettere molto.
Innanzitutto fin dove può arrivare l’amore. Amare significa voler bene al destino dell’altro più della propria vita. Questi genitori hanno compiuto il sacrificio più grande, quello di separarsi dal loro bambino, per poter dare a lui un futuro pieno di speranza.
Spesso dimentichiamo quanto siamo fortunati a vivere in un paese, che nonostante tutti i limiti e le imperfezioni di cui ci lamentiamo, ci permette di vivere una vita buona. Così come ci dimentichiamo di tanti altri doni che riceviamo in abbondanza ogni giorno: una vita serena, sicura, dignitosa. La tranquillità sociale, un benessere economico. Ma non solo: il dono grande della libertà in tutti i suoi aspetti. E poi l’educazione, la cultura, la vita sociale. Ma ancora: un mondo dove il rispetto dell’altro e la solidarietà verso i più deboli dovrebbero essere la regola del vivere insieme. E tanti altri.
Noi forse non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo nel vivere in un paese così, ma soprattutto abbiamo dimenticato che tutto è nato da quel piccolo punto della storia: Gesù bambino che nasce in una stalla. Quel Gesù che ha portato nel mondo la più bella e grande e pacifica rivoluzione: quella della verità e dell’amore, della giustizia e della libertà. Con Gesù, Dio fatto uomo, la persona, qualsiasi persona anche la più fragile e piccola, ha un valore assoluto, eterno. Con Gesù è iniziato un mondo nuovo.
Durante una cena con Farhad Bitani, scrittore afghano, autore del libro “L’ultimo lenzuolo bianco”, mi ha sorpreso che a un certo punto del discorso sul suo sfortunato paese sia uscito con questa frase: “L’Afghanistan ha bisogno della Chiesa”. Mi ha sorpreso una frase pronunciata da un uomo che fin da ragazzo è stato educato a considerare i cristiani infedeli e a concepire l’occidente una società decadente e immorale. Mentre nel nostro mondo occidentale c’è un accanirsi contro la Chiesa, e se non questo, di certo una mancanza di gratitudine e di rispetto per quello che la Chiesa fa, mi hanno molto colpito le parole di Farhad: “L’Afghanistan ha bisogno della Chiesa”. Farhad è rimasto musulmano, fedele all’insegnamento del Corano e di Maometto, ma racconta che solo attraverso il cristianesimo è diventato un buon musulmano e ha compreso la verità della sua religione. Ha poi continuato dicendo: “quando sono arrivato in occidente ho pensato che qui si realizzava il vero islam: la religione della pace e dell’amore”. E poi aggiunse “dove c’è cristianesimo c’è libertà, attenzione ai più deboli, amore verso gli ultimi, educazione dei fanciulli e rispetto delle donne, persino perdono per i nemici”.
Le feste Natalizie ci aiutino a non dimenticare mai, usando le immagini dei profeti, la cava da cui siamo stati tratti, la radice che ha reso fecondo l’albero della nostra vita.
Don Guido Gregorini, Rettore del Collegio Ballerini